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Streik mit Greta

Come qualche lettore saprà, vi scivo dalla bella Vienna: pare che il mio desiderio di giocare con i grafici colorati e avere al contempo uno stipendio sia stato esaudito.

Non credo che molti di voi abbiano sentito notizia della conferenza Austrian World Summit tenutasi qui nei giorni scorsi. Forse non c’è da farne una colpa ai giornalisti italiani, visto lo scompiglio politico che sta germinando nel Paese, ma ritengo sia un buon momento per un articolo riguardante lo Streik mit Greta, ossia il corteo ambientalista guidato da Greta Thumbergo: stando alle notizie locali, qualche migliaio di persone, che unito al buon risultato del partito verde in Europa mi fa sperare in qualcosa (non in molto, viste le recenti misure del riscaldamento globale, sempre più vicine al grado e mezzo sperato dall’Accordo di Parigi; d’altronde anche Mercalli è ormai pessimista1).

Avevo in realtà un po’ trascurato questa manifestazione, perché non sono tipo da slogan urlati; però trovatomi lì davanti non vedevo davvero alcun messaggio sbagliato e ho fatto due passi là in mezzo. Premessa a quanto segue: sono molto felice che ci sia una presa di coscienza su questi temi. Eppure, ho visto anche in questa le ombre tipiche di ogni corteo (almeno giovanile): molta eccitazione per aver identificato finalmente il problema, ma più di tutto un colpevole (in questo caso e in molti altri, i governi); da un altro lato, l’equilibrio instabile tra una giornata vissuta giustamente nel buonumore (non è essendo pieni d’odio che si risolvono i problemi, vero Casapound e Lega?) e una festa di cui non sia poi tropo importante la ragione che ha portato a scegliere il dress-code.

È ben possibile che Greta riesca a focalizzare queste energie, senza disperderle in un gioco di piazza, ma auspico quindi che ci sia la volontà di non fermarsi alla moda ambientalista, che è diventata un’estetica e in quanto tale viene sfruttata a fini economici, paradossalmente tornando ad alimentare il consumismo che dovrebbe criticare. Parlo della quinoa e degli anacardi, che hanno un costo umano e ambientale altissimo, ma appaiono “naturali”; o del biologico, che però spesso rimane in confezioni di plastica.

Infine, bisogna ricordare che i governi non sono tirannie e che sono lì perché alla maggioranza dei cittadini sono piaciuti. È inutile colpevolizzarli senza pretendere da se stessi il primo cambiamento. Questo articolo è la mia occasione di valutare con voi quali scelte impattino maggiormente sull’ambiente, per proporre un modo concreto di protestare contro il cambiamento climatico e le altre problematiche ambientali. Avverto che non si tratta di scelte piacevoli: se siamo arrivati a tale punto di compromissione del pianeta è stato non per malvagità delle generazioni passate, ma per il vantaggio che scelte consumistiche hanno dato. Oggi cambiare rotta richiede pensare a lungo termine e scegliere come si sceglie di rinunciare a un dolce delizioso di troppo, per non avere problemi di salute in seguito.

Vade Gaiacum

Partiamo dalle cose ovvie: la plastica si biodegrada in tempi lunghissimi, inquinando le acque, e bruciarla inquina l’aria (sempre meno grazie alle normative; ma non è zero). Segue molto logicamente che quei dannati eurocent a sacchetto si dovrebbe essere felici di pagare, per averne uno biodegradabile. Segue che non ha senso comprare verdura incellophanata e uova in recipienti di plastica, se abbiamo un interesse a non essere intossicati. Segue che è buona pratica, specie se l’obiettivo resta cercare di cambiare le cose, acquistare “alla spina”, ossia riutilizzando i contenitori (barattoli, sacchetti, portauova, bottiglie e flaconi). Costa uguale? La scelta è tra un risparmio di qualche euro e l’inquinamento di qualche etto di plastica; ma cambia la valuta, non il prezzo. Le cose però cambiano se la plastica viene riciclata: come questo intervento di Kim Ragaert ben spiega, solo un riutilizzo decisamente intensivo (3 anni con una sola borsa!) di materiali come il cotone li rende effettivamente meno inquinanti. La soluzione migliore sembra essere quella di riutilizzare la plastica (nel caso delle borse più pesanti, appena sei mesi di riutilizzo la rendono più ecologica del sacchetto tradizionale). Il motivo è la bassa temperatura di fusione della plastica e la sua maggiore resistenza a parità di peso. Non così ovvio, pare: cerchiamo di riutilizzare recipienti di plastica dunque.

Ma andiamo avanti su quanto possiamo fare noi, da consumatori. Riciclare: è importante, caspita. Informiamoci sulle modalità in uso nella nostra zona e pratichiamola! Scegliere imballaggi intelligenti: no alle plastiche colorate (nel video, si spiega come siano difficili da differenziare e vadano incenerite); no alle confezioni in cui siano presenti sotto-imballaggi (per esempio, cioccolatini incartati individualmente). Insistere per poter riutilizzare quanti più imballaggi possibile. Di nuovo, la colpa non è di un fantomatico governo malvagio, ma del consumatore disinformato.

Meno ovvio è capire quanto inquini il nostro viaggiare: questo sito aiuta a fare qualche calcolo, scoprendo che muoversi in automobile per, supponiamo, cinque kilometri al giorno, andata e ritorno, cinque giorni a settimana, per undici mesi, ossia 2200km all’anno per pendolarismo, emette 400kg di anidride carbonica o CO2. L’anidride carbonica ha una densità di 1.562kg/L, quindi si tratta di 256 bottiglie (potenza di 2, cool) da un litro di CO2. Immaginiamo se ognuno dovesse occuparsi di tenere le proprie 256 bottiglie di inquinamento in casa… fortuna che ce le respiriamo soltanto! In tabella, riporto il confronto con altri mezzi di trasporto, piuttosto impietoso: infatti persino l’aereo, che pure inquina più di ogni altro mezzo, non stacca di molto l’automobile; senza contare che in citt si inquina di più.

mezzo di trasporto kg di CO2 per viaggiatore per 2200km percorsi
aereo (Torino->Riga) 480
automobile tradizionale 400
motociclo 500cc 300
automobile ibrida 280
scooter 125cc 190
autobus 150
treno/tram/metropolitana 100

Rimando a questo sito per un altro confronto, questa volta sul consumo di energia: di nuovo vediamo numeri importanti, con l’automobile che consuma 50 volte quello che (tenendo conto della manutenzione) consumerebbe una bicicletta, circa 5 volte quanto i mezzi pubblici e il doppio di un motociclo. Se poi la scusa è che le automobili non siano la principale causa di inquinamento, date un’occhiata a questa pagina (i dati sono riferiti all’Australia, ma penso che gli ordini di grandezza siano simili, almeno per le grandi città italiane): se teniamo conto delle sole emissioni da parte di privati, i trasporti sono la voce più importante!

Chiaro? Agire per l’ambiente vuol dire andare a piedi o in bicicletta! Se la distanza è troppa, i mezzi pubblici sono accettabili (sono comunque un costo condiviso, quindi immagino che usarli abbia solo vantaggi, rafforzando il bacino di utenza). Nei rari casi in cui i mezzi non ci siano, comprate uno scooter e risparmiate soldi, oppure un’auto elettrica. Non vi piace? Ricordatevi che 5km in automobile sono una bottiglia di CO2 in più nel vostro magazzino immaginario della vergogna. Ricordate anche che mai il servizio pubblico migliorerà senza una nutrita, pagante ed esigente utenza.

Infine, in breve per non annoiarci, sostituire il riscaldamento e la refrigerazione con migliore coibentazione, vestiti adeguati alla temperatura e un po’ di sopportazione (le stagioni esistono ancora e meno male) completa questo in realtà incompleto vademecum.

I’m offended

Penso che questi paragrafi un po’ perentori necessitino di un commento, che mi sento di rubare a Greta: vista la gravità della situazione è sorprendente che non la si affronti con la preoccupazione con cui si affronterebbe una guerra mondiale! Il link rimanda alla conferenza da lei tenuta a Stockolm (iniziamo a chiamare le città coi nomi veri, perefesto2), che consiglio per la semplicità e schiettezza con cui evidenzia l’urgenza della questione. Arriva a chiedersi se essere affetti dalla sindrome di Asperger (detta male, perché bene non la so, è una forma lieve di autismo) non sia da ritenersi normale, visto che le dà una visione molto più dicotomica, in questo caso però più adeguata all’emergenza.

Nella conferenza c’è un altro punto interessante: a chi le dice che dovrebbe studiare invece di protestare, Greta risponde secca che gli studi sono già stati fatti, le prove ci sono; si tratta di divulgarle e renderle inappellabili3. Tuttavia, la visione socratica dell’uomo che fa sempre il bene non regge più, da quando (be’, non tutti) ci siamo resi conto che bene e male sono categorie relative e fittizie; quindi per trasformare questa conoscenza in azione (punto su cui Greta insiste) bisognerà capire e rendere effettivo il fatto che convenga agire in difesa dell’ambiente.

Ultima critica a cui voglio rispondere: davvero non ci sono problemi più urgenti? Ammesso che la risposta declassi le tematiche ambientali, si deve davvero scegliere tra fasciarsi un piede e curarsi la febbre? O la guarigione non è forse un processo che riguarda tutto il corpo e i problemi sociali, economici e ambientali sono tra loro legati? Cito il numero di Le Scienze di febbraio 2019: Joseph Stiglitz riporta come le economie con maggiore disuguaglianza ottengano risultati peggiori; Robert Sapolsky evidenzia le forti correlazioni tra il peggioramento della salute psicologica e la percezione di povertà, andando a cascata a peggiorare le condizioni di vita anche dei ricchi, che cercano l’isolamento in conseguenza di una minore sicurezza4; James Boyce denuncia che tra disuguaglianza sociale e degrado ambientale vediamo i più poveri subire la maggior parte delle conseguenze.

Ma proviamoci

Proprio citando Boyce, chiudo:

la giustizia ambientale fa bene a tutti [...] per riportare l'equilibrio nel rapporto tra uomo e natura dobbiamo riportare l'equilibrio anche nel rapporto tra di noi

  1. Video un po’ popolare, ma evidentemente ci vuole; dimostrazione ne sia il tono accondiscendente con cui la conduttrice ripete “Abbiamo capito, Mercalli”. A me sembra di no.

  2. Efesto merita compassione: dal liceo ricordo distintamente l’immagine di lui, bruttino, a sgobbare nel vulcano, mentre la moglie se la spassa in giro e non con lui.

  3. Condivido questa petizione, chiamata Scienza in Parlamento, che propone l’istituzione di un organismo di consultazione che favorisca la coerenza della legislazione con i dati scientifici.

  4. Un esempio della rottura del sistema di solidarietà di cui parla Bernardo Secchi in Prima lezione di Urbanistica. È la consapevolezza che sta alla base dell’iniziativa Festa dei Vicini, di cui chi mi conosce sa che sono stato organizzatore, e alle sperimentazioni di cohousing di Grace Kim.